L’ANTIFASCISMO IN TEMPO DI CRISI
Come ogni anno al 25 aprile, giorno della liberazione, si assiste alle manifestazioni istituzionali in ricordo della vittoria contro la dittatura (come spesso viene riduttivamente definita) e della fine della guerra. Manifestazioni che ogni anno nella loro gelida formalità appaiono sempre più distanti e slacciate da quello che dovrebbe essere il vero significato di questa ricorrenza. I vuoti discorsi di sindaci palesemente fuori luogo per idee e storia personale nei cortei cittadini dimostrano quanto ci si è allontanati da chi coi fatti e col sacrificio della propria vita ha lottato contro un sistema votato alla repressione delle classi sociali più deboli.
I partigiani che lottarono sui monti e nelle città italiane appartenevano agli stessi fronti politici che nei primi anni venti, nel cosiddetto biennio rosso, fecero vacillare i poteri forti italiani con due anni di lotte nelle fabbriche atte a rivendicare una vita migliore e libera dall’oppressione capitalista che li schiacciava nella miseria e nella gabbia del lavoro, quegli stessi poteri forti che sentendo minacciati i loro sporchi interessi si resero responsabili della presa di potere del fascismo.
E’ dunque il capitalismo la causa principale che concimò i movimenti di repressione fascisti, ed è contro questo sistema e contro i suoi esponenti che, finita la guerra, alcuni dei partigiani volevano combattere ancora. Continua a leggere