IL CAPITALISMO IN GUERRA PERDE LA MASCHERA

Come organizzazione politica di lavoratori e studenti del territorio sentiamo la necessità e la responsabilità di esprimerci a fronte del conflitto in Ucraina. Cominciato nel 2014, dopo lo scoppio delle proteste di Euromaidan, la deposizione del presidente eletto, l’instaurazione del governo reazionario finanziato dall’Occidente e le successive rivolte scoppiate nel Donbass, continua fino ad oggi. Negli anni le potenze imperialiste “occidentali” si sono adoperate nel sostenere il nazionalismo liberale ucraino (di matrice nazi-fascista!) in funzione anti-russa. Sia per espandere il controllo NATO, sia per approfondire i processi di adeguamento del paese agli standard del liberismo occidentale. Solo la borghesia liberal-nazionalista poteva pensare di illudere il popolo ucraino che ciò potesse coincidere con pace, democrazia e unità territoriale, mentre sopra le loro teste le potenze mondiali preparavano lo scenario opposto e i governi nazionali, da loro sostenuti, procedevano alle privatizzazioni, alle riforme liberiste del mercato del lavoro* e alla guerra contro gli insorti delle regioni orientali. Dal febbraio di quest’anno il governo russo ha fatto la scelta di entrare direttamente nell’area contro il governo nazionalista di Kiev sostenuto dalla NATO (USA E UK in testa) e giocarsi fino in fondo la sua influenza “storica” sul territorio. In quanto potenze capitaliste, tutte, non hanno mai guardato ai “principi” (con i quali riempiono i testi delle dichiarazioni pubbliche e della propaganda), ma a garantire i profitti ai cartelli rappresentati. Nessuna di esse è disposta a perdere terreno a favore della concorrenza, soprattutto nel contesto restrittivo dovuto alla lunga crisi del capitalismo.

Come studenti e lavoratori l’unico conflitto a cui ci volgiamo è quello sociale, di classe, come unico mezzo in nostro possesso per

 raggiungere una risoluzione definitiva a questa guerra e a tutte le guerre del mondo. La fazione della quale sentiamo di far parte è quella della classe lavoratrice; essa, oggi più che mai, è interconnessa su tutto il pianeta, ma è mantenuta divisa dall’interesse che il capitale internazionale ha in ogni singolo paese. Questa ha da vendere nient’altro che la sua stessa forza-lavoro, non gli occorre conquistare nuovi mercati, accumulare capitali o assicurarsi lo sfruttamento di altri lavoratori. Se al suo interno si scatena la concorrenza è perchè essa soffre, anche culturalmente, il predominio di interessi e idee non sue, vendute come universali. Le multinazionali, la classe capitalista mondiale, ancora oggi fondano il loro potere sulla proprietà dei mezzi per la produzione (anche di conoscenza), per questo ancora oggi spacciano la proprietà privata come sacra agli occhi di tutti. I capitalisti, questi sì, non hanno mai potuto fare a meno della concorrenza, dunque, la spacciano come una dinamica universalmente valida, addirittura insita alla natura umana.

Immersi fino al midollo nella propaganda di guerra filo-NATO, come studenti e lavoratori sfruttati abbiamo il dovere di fare un’analisi a partire dagli interessi della nostra classe di appartenenza, quella a cui, ancora una volta, le classi dirigenti nazionali chiederanno di pagare il conto sia sul terreno economico che, magari, su quello di battaglia.

È necessario fare ordine, dapprima individuando il nostro reale nemico, consapevoli che non c’è unità di interessi tra la classe lavoratrice e quella dominante.

Le guerre, come quella in Ucraina, non scaturiscono da contrapposte visioni del mondo, ma dalla concorrenza tra capitali nel campo economico e dalle conseguenti influenze geopolitiche ed anche culturali che ne derivano; non scaturiscono dall’opera dei singoli, dalla pazzia dei leader globali, ma piuttosto dalle continue crisi del capitalismo. Al perdurare della crisi economica è tornata ad aumentare, assieme alla concorrenza sui mercati, anche la spesa militare generale degli Stati. In tutto il mondo si è rinvigorito l’interventismo oltre confine**, tendenza mantenuta fino ad oggi. Le formazioni politiche al potere e i loro leader, così come le politiche economiche che varano, rispondono sempre più unicamente a specifici interessi economici di una parte della società, quella dominante. Nei paesi dove si è affermato il capitalismo, questa parte è composta da agglomerati di capitalisti del settore finanziario, della manifattura, della logistica, del settore energetico, dell’hi- tech ecc. Dal nostro a quello russo, passando per quello ucraino. Teniamo a mente che lo sviluppo capitalistico ha raggiunto anche i più remoti angoli del globo. Per questo si può parlare della classe capitalista, così come della classe lavoratrice, come di classi sociali mondiali. Non è mai facile sbrogliare i fili di questa matassa di interessi economici, intrecciati più volte in più punti e che travalicano tranquillamente i ristretti confini della singola nazione. Nei casi di paesi subalterni ad esempio, le classi dirigenti nazionali rispondono agli interessi dei capitali stranieri che li dominano.

Detto ciò, non è uguale in assoluto, per noi proletari, che vinca una o l’altra forza in campo. Ma nessuna di queste aprirà di sua spontanea volontà alla formazione dei lavoratori in classe, alla loro emancipazione come forza internazionale indipendente, al loro rientro sulla scena politica, vero presupposto per la pace mondiale. Questa invece è una nostra preoccupazione!

Il lungo conflitto che ha impegnato l’esercito, i nazionalisti e i fascisti ucraini per otto anni contro gli insorti delle Repubbliche popolari del Donbass, in gran numero operai, si è esteso in modo diretto su buona parte del territorio ucraino dopo l’intervento “scarponi sul terreno” dell’imperialismo russo, intervenuto formalmente a sostegno degli insorti delle Repubbliche e a difesa del popolo russo, in realtà a

difesa degli interessi economici e geopolitici russi nell’area. Questo è caratteristico del sistema di relazioni politiche internazionali: le classi dirigenti delle potenze maggiori sostengono a loro vantaggio i movimenti interni agli altri paesi, in modo diretto o indiretto. In questo i più invasivi sono i capitalisti USA che, con l’alleanza NATO, lo fanno da decenni, ad esempio con le formazioni della destra nazista in Ucraina, oppure con i Taleban in Afghanistan ecc.

Le forze sul campo non schiferanno nessun sostegno imperialista, ma esso non ha alcun contenuto rivoluzionario, toglie autonomia alle forze di classe sul terreno e allontana l’unione dei lavoratori nei e tra i paesi belligeranti. Li pone alla mercè di nuove divisioni. Sul lungo periodo aumenta le difficoltà dei rivoluzionari, che operano nel paese. Spingerà i lavoratori e le loro organizzazioni a solidarizzare con i propri governi capitalisti o con quelli dell’imperialismo più influente e a odiare invece i propri omologhi degli altri paesi.

Mentre è inevitabile l’incremento delle vittime civili, l’intervento imperialista in sè non contribuirà all’unità dei lavoratori europei e russi, ad estirpare il nazionalismo ucraino e non porterà neanche ad un nuovo equilibrio di pace multipolare tra potenze. Quest’ultima è una falsità, con la quale si vorrebbe condannare l’egemonia degli USA in crisi sul mercato mondiale, ma salvarne il carattere capitalista, salvando così anche quello degli altri paesi o “poli”. È un errore pensare che lo Stato moderno di un qualsiasi paese capitalista, anche quello russo (figurarsi quello americano!), possa agire spontaneamente nell’interesse della solidarietà di classe tra i lavoratori, perché esso non risponde a quegli interessi. Costretti dalla competizione, gli Stati armano anche i giovani e i lavoratori di un paese, li costringono in situazioni che scuotono i loro animi e allora forse potrebbero porre, senza volerlo, alcune condizioni materiali favorevoli per un futuro rivolgimento del conflitto in senso di classe. Inoltre, potrebbe risultare difficile far digerire misure antisociali a lavoratori che hanno maturato controvoglia esperienze di guerra, che hanno subito in modo tragico le scelte dei propri governi o che sono insorti in armi in una guerra di indipendenza popolare. Potrebbe risultare difficile scaricare i costi della guerra sui lavoratori già provati dalla lunga crisi, anche qui da noi. Queste considerazioni però non assolvono in alcun modo il capitalismo di nessun paese! Non si concretizzeranno da sole, senza una politica che fin da subito prepari questo terreno nel mondo: la politica rivoluzionaria della classe lavoratrice. Delinearne i tratti, come già detto, è una nostra preoccupazione! E deve essere la preoccupazione di ogni studente e lavoratore cosciente al quale non tornano i conti, in tutti i sensi, neanche in busta paga. In assenza di una politica rivoluzionaria che ponga il problema del superamento del sistema economico e sociale, la partecipazione dei lavoratori alla guerra imperialista (nascosta sotto le parole d’ordine del nazionalismo culturale) calcifica l’odio reciproco e uccide la solidarietà di classe, allontanando così non solo i proletari, ma l’umanità tutta da questo

traguardo. La guerra può portare al capitalismo nuove occasioni di accumulazione e ai capitalisti nuove occasioni di profitto, ma lascia alle classi popolari i morti, le distruzioni e la miseria. Per questo, nonostante l’imperialismo occidentale avesse già violato il territorio ucraino, farlo a propria volta può essere solo una scelta sciovinista (opportunismo nazionalista).

Tutti i governi borghesi delle potenze capitaliste mondiali quando parlano dell’Ucraina si riempiono la bocca con le parole “sovranità” ed “integrità territoriale”, con questo appello ingannano i lavoratori, nel frattempo fanno di tutto per non perdere la rispettiva influenza su un territorio e prendono fin da subito in considerazione la sua spartizione. Si accuseranno a vicenda su questo. Non esiteranno a sacrificare i popoli per questi fini. Il massiccio invio di armi USA in Ucraina (già in essere nel 2014) muoveva in questo senso, così come l’attuale operazione militare russa.

È grande la fiducia che nutriamo nelle, seppur esigue, organizzazioni di classe, comuniste e rivoluzionarie in Ucraina, nelle Repubbliche e in Russia. Ci auspichiamo sapranno affrontare, senza dividersi tra di loro, tutte le questioni: “della lingua” e “dei confini”. Siamo consapevoli che non esiste né confine né predominanza di una lingua su un’altra che vantino un carattere immutabile. È stato dimostrato innumerevoli volte nella storia. A volte i mutamenti sono frutto di imposizioni, a volte di libere scelte e conquiste sociali. Abbiamo fiducia che, nonostante le difficoltà di una situazione di guerra e le semplificazioni della propaganda, queste difficoltà possano essere affrontate. Subordinandole tra loro alle necessità fondamentali, anche se apparentemente meno immediate, dell’unità dei proletari e dell’emancipazione dell’umanità dal sistema capitalista.

Da noi in Occidente, il richiamo generico alla pace, senza il corrispettivo incitamento alla lotta di classe e alla lotta politica contro il capitalismo in Europa e negli USA, non ha nemmeno in potenza la possibilità di modificare questa situazione.

Per quanto riguarda noi, studenti e lavoratori d’Italia, si è reso ancora più necessario ripartire dai nostri interessi e dalle condizioni a cui quotidianamente siamo sottoposti. I lavoratori, anche da noi, sono già in guerra ogni giorno, una guerra che non assume (per ora) connotati di conflitto armato, ma che ci vede in trincea a difenderci contro l’attacco delle classi dirigenti a tutte le conquiste sociali ottenute con dure lotte nel passato.

Bassi salari, repressione, precarietà, licenziamenti facili, caro-vita, gestione della pandemia e dei disastri ambientali, privatizzazione della maggior parte dei servizi ai cittadini, sistema scolastico e sanitario in frantumi, ecc.

L’adesione dei lavoratori italiani alla propaganda di guerra del governo è minata da questi fatti evidenti, che tradiscono, nonostante i discorsi, i veri interessi “particolari” delle nostre classi dirigenti.

Opporsi alla guerra in Ucraina vuol dire anche lottare contro il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro, contro tutte le politiche che i nostri governi attuano ai danni dei lavoratori, comprese quelle di partecipazione alla guerra. Questo vuol dire lavorare fin da subito a ricomporre le forze dei lavoratori e degli studenti coscienti sul nostro territorio e nel contempo indurre gli altri alla partecipazione politica, intensificando momenti di discussione, organizzazione e agitazione. Perseguire fin da subito i nostri interessi come classe significa anche smarcarsi dai quei burattinai che ci vorrebbero marionette nel teatro della spartizione capitalista del mondo. Anche oggi, nonostante il capitalismo abbia ormai abbracciato tutti i paesi del mondo e nessun paese possa definirsi estraneo al suo sviluppo, nonostante non esistano visioni della società realmente contrapposte da combattersi, le guerre non vengono meno, al contrario, ancora mietono vittime innocenti e scuotono le coscienze di milioni di esseri umani. È la prova provata della natura guerrafondaia del capitalismo!

IL CAPITALISMO HA PERSO NUOVAMENTE LA MASCHERA! NON PERMETTERGLI DI RICOSTRUIRLA!

COGLIAMO OGNI OCCASIONE DI LOTTA PER DENUNCIARE IL SUO VERO VOLTO DI OPPRESSORE!

Dobbiamo farlo tra noi studenti e lavoratori, al fine di organizzarci, elevare le nostre coscienze e impegnarle nella lotta per il superamento di questo sistema economico e sociale. Se è il sistema che inevitabilmente entra in crisi trascinandoci in questa e in tante altre guerre, per la pace non rimane che compattarsi e opporsi con forza al sistema intero.

Collettivo TanaLiberaTutti Treviglio (BG)

collettivotanaliberatutti@gmail.com

facebook: collettivo tanaliberatutti treviglio

Note:

*

“Ucraina: una democrazia che stava per cancellare i contratti di lavoro” di Marco Verruggio. UCRAINA: UNA DEMOCRAZIA CHE STAVA PER CANCELLARE I CONTRATTI DI LAVORO – GLI STATI GENERALI

“In Ucraina avanza il processo di privatizzazione dei terreni” di Duccio Caccioni.

In Ucraina avanza il processo di privatizzazione dei terreni | Molini d’Italia (moliniditalia.it)

**

“2019: aumentano ancora le spese militari mondiali” di Stefano Adrianopoli.

iriad-review-03-04-2020-1.pdf (archiviodisarmo.it)

Questa voce è stata pubblicata in General. Contrassegna il permalink.