Come ormai molti sanno, in Siria è in corso un conflitto aperto su larga scala che vede parecchie e differenti forze in campo. Così come in Iraq. Ciò che si sa meno invece è che all’interno di Siria e Iraq, ma anche Turchia e Iran, si estende una porzione di territorio, il Kurdistan, la cui esistenza viene rivendicata da anni da tutto il popolo curdo seppur con approcci differenti tra le sue varie “anime”. Nel 2011 in uno di questi stati, la Siria, si sviluppa un conflitto in funzione anti-Assad (governatore siriano al potere dal 2000), i gruppi ribelli che ne fanno parte vengono promossi ed aiutati, nella loro funzione, dai governi occidentali d’Europa e dagli Stati Uniti. I nostri media hanno sempre parlato di “primavera siriana” contro la tirannia. Oggi tutti sappiamo che i gruppi che si imposero alla guida di tali rivolte altro non erano che gruppi appartenenti alla galassia dell’islamismo radicale siriano e di altri stati del medio oriente: tra questi l’IS (Stato Islamico). Inutile dire che il popolo curdo che vive nella regione del Kurdistan siriano si è trovato coinvolto in tale processo. Coerenti con la loro esperienza politica di lotta e di autodeterminazione (nei confronti degli stati occupanti), questa parte di popolo ha messo in campo la più efficace resistenza agli attacchi dell’ISIS, imponendosi, anche agli occhi del mondo occidentale, come baluardo della resistenza allo Stato Islamico e all’imperialismo in medio oriente. È in questo contesto che si sviluppa la resistenza della città di Kobane (divenuta simbolo anche per il suo interesse strategico) e della regione del Rojava (cantoni di Czire, Kobane e Afrin) e la lotta delle fazioni curde che controllano quei territori, tra i quali YPG e YPJ.
È qui che si sviluppa la rete di solidarietà alla parte di popolo curdo impegnato nel fronteggiare l’avanzata dell’ISIS per poter difendere il proprio progetto di autodeterminazione. Solidarietà portata esclusivamente da persone, lavoratori e studenti, in tutti i modi a loro possibili spesso anche rischiando in prima persona. Questi provengono da vari stati del mondo e portano quotidianamente il loro sostegno a quella esperienza, sia con iniziative sul posto che nei propri stati d’appartenenza. Riteniamo importante il lavoro svolto da questi volontari internazionali. Anche perché quella parte del popolo curdo non viene sostenuta in altro modo, ma anzi viene osteggiata dai governi: è noto, ad esempio, come il governo Turco cerca in tutti i modi di impedire lo svilupparsi del progetto politico nel Rojava e della sua resistenza, e quindi il passaggio di chiunque voglia avvicinarsi a quell’area. Riteniamo importante e giusto che ci sia chi porta sostegno alla rivoluzione del Rojava ed alla sua lotta contro lo Stato Islamico.
Un’altra cosa ci preme sottolineare: ossia il carattere internazionalista di questo sostegno. Non ci sembra affatto strano che lavoratori e studenti che si impegnano quotidianamente nel territorio dove vivono, cerchino anche di portare un contributo alla lotta dei lavoratori e dei popoli oppressi di tutto il mondo.
D’altronde chi lotta per un miglioramento delle proprie condizioni di lavoro e di vita in generale, chi si impegna nelle lotte per il diritto alla casa, sul posto di lavoro e per un differente modello di gestione del territorio, non fa altro che tentare di portare avanti politiche dal basso che facciano gli interessi della classe lavoratrice. Non si può nascondere come sempre più spesso questi interessi non coincidano affatto con quelli invece delle classi dirigenti. I lavoratori sono sfruttati ed in lotta in tutto il mondo. La solidarietà tra i lavoratori di popoli diversi è normale e necessaria, com’è giusto e necessario che i lavoratori esprimano la propria solidarietà con tutti i popoli oppressi impegnati in una lotta per una giusta causa.
Vista quindi l’importanza della solidarietà internazionale, non possiamo che esprimere il massimo sostegno al nostro compagno Depo, partito come molti altri per dare il suo appoggio alla popolazione del Rojava, che attualmente sappiamo essere ferito e in stato di fermo nella città di Erbil (capoluogo del Kurdistan iracheno) a seguito di vicende non ancora comprovate. Molte sono le informazioni non chiare al riguardo in quanto non si ha una comunicazione diretta con lui, pertanto altre informazioni spesso contraddittorie passate dai canali mediatici sono da ritenere non attendibili.
Chiediamo a gran voce la sua liberazione immediata e il suo rientro in Italia senza ulteriori conseguenze.
Collettivo Tana Libera Tutti (Treviglio, BG)